Eternal Desire - Yaoi Team

Votes taken by Ryo13

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    CITAZIONE
    Chi fa pressioni simili è un profondo ignorante, non sa di cosa parla, non comprende il profondo disagio di una personalità femminile intrappolata in un corpo maschile o viceversa. Una vita simile è la peggiore delle prigionie. Questi ragazzi sono prigionieri nel loro corpo

    Non posso che quotare. L'ignoranza è spaventosissima e purtroppo produce conseguenze che sfociano in lettere strazianti come questa... in gesti disperati come questo...
    Purtroppo i genitori vivranno il resto della loro vita con questo grande rimorso... spero che trovino dentro di sé la forza di chiedere sinceramente perdono e di perdonarsi, alla fine.
    Non ci sono parole.
    Credo che tutto ciò che posso fare sia stare in silenzio ad ascoltare il grido disperato di questa persona e partecipare con la preghiera, che è l'unico gesto d'amore che posso donare a questa ragazza che non c'è più.
  2. .

    Gioco di Sguardi



    _Autore: Ryo13
    _Genere: Generale
    _Rating: Verde
    _Tipologia: One-shot
    _Breve descrizione: Il tempo si annulla nello spazio che separa i due protagonisti. Tra loro non ci sono parole, solo sguardi.
    _Note: Mentre scrivevo questa shot, l'unica cosa che riuscivo a vedere dei personaggi erano i loro occhi. Il resto di loro era indefinito, o meglio, irrilevante. Era come se vivessi dentro questo loro gioco e non ci fosse tempo per altre domande, solo il tempo di mettere tutto "su carta" e questo è il risultato ^^


    È tutto un gioco di sguardi, quello che condividiamo tu ed io. I tuoi occhi marroni sono tutto ciò che vedo tra le volute di fumo che ci circondano.
    Un lento battito di ciglia e la pupilla si dilata.
    So che mi hai riconosciuta.
    Mi fissi proprio come quella volta: in ostinato silenzio. Dal tuo viso scompare quel sorriso che hai condiviso con la persona che hai accanto e che ora non vedi più.
    Un gioco di sguardi non mente perché non ha bisogno delle parole.
    Non hai scuse e non ne ho io.
    Nei nostri occhi si svelano, traditrici, le nostra anime che si scoprono simili.
    Hai riconosciuto la paura?
    Mi sembra si sentire accelerare il tuo cuore, di pari passo col mio.
    Hai riconosciuto il desiderio?
    Riesco a scorgere un luccichio nel tuo sguardo.
    Pensi forse che parli d’amore?
    Una risata amara rimbomba nella mia testa e le labbra si piegano in un ghigno.
    Corrughi la fronte.
    Tutto questo ti confonde?
    Ecco il lampo di comprensione. Ora vedo ardere quel fuoco.
    È la mia furia quella che vedo riflessa in te?
    Un lento battito di ciglia, la pupilla si dilata. Intorno a noi il tempo ha ripreso a scorrere. Ci voltiamo.
    E tutto ciò che abbiamo condiviso è stato solo un gioco di sguardi.





    Licenza Creative Commons
    Gioco di Sguardi by Monastero Mariarita (Ryo13) is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.
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  3. .
    Che bel topic! *o*
    Ju, mi sono permessa di modificare il tuo post per lasciare uno spazio tra un'immagine e l'altra perché tutte attaccate non mi piaceva molto ^^
    Penso che così risalti meglio ogni immagine *^*

    Nome del utente: Ryo13
    Link del profilo dell'utente: https://eternaldesireyaoi.blogfree.net/?act...file&MID=116487
    Hai messo il banner dell'iniziativa nella firma? Sì!
  4. .

    You are Mine

    _Autore: Ryo13
    _Genere: Romantico, Yaoi
    _Rating: Rosso
    _Tipologia: One-shot
    _Breve descrizione: "Aveva una corta barba incolta che gli dava un'aria selvaggia e assolutamente sexy, oltre a farlo apparire più virile e decisamente maturo. Aveva anche un corpo slanciato. Doveva essere alto circa un metro e ottanta: non lo si sarebbe detto uno studente."
    (Cit. dal testo)
    _Note: ★ Stessi personaggi de 'Il tuo corpo nudo', la shot è scritta dal punto di vista di Stefano.
    ★ Dedicata a sylvain.: questa shot è nata dal suo desiderio di leggere un seguito con gli stessi personaggi.



    Ricordo la prima volta che lo vidi.

    Stavo seduto al mio solito computer ad aspettare che passasse il tempo. Andare a scuola era una noia: mai nulla di nuovo, sempre la solita solfa. Ma dalla mia postazione potevo vedere, attraverso la finestra, la gente che camminava per strada e questo mi aiutava a pensare. Noi studenti ce ne stavamo chiusi in quel plesso dove ci veniva trasmesso 'il sapere' che ci sarebbe servito per il futuro. Ma la vita più interessante era quella là fuori, quella sul campo!
    E stavo lì a guardare la gente camminare di fretta, diretta chissà dove, con le borse piene, le scarpe nuove, la routine di sempre... ed immaginavo la loro vita. Fantasticavo che tra quelle persone ci fosse qualcuno che avrebbe potuto condividere parte delle sue esperienze con me, ed insieme, farne di nuove.
    «Ti ho detto di no, Sara!» udii un ragazzo accanto alla porta. Era in compagnia di una ragazza alta con i capelli biondi. Con una seconda occhiata la riconobbi: era Sara Narcelli. Molti dei ragazzi della scuola le andavano dietro, alcuni fantasticavano su di lei alle spalle delle loro ragazze, altri la odiavano perché non potevano averla. Una piccola porzione la ignorava perché aveva gusti diversi. Io facevo parte di quella minuscola porzione.
    «Perché fingi di non volermi?» rispondeva lei al ragazzo.
    Afferrata l'aria del discorso mi feci piccolo-piccolo e mi appiattii allo schermo del computer. Non volevo mi sorprendessero ad origliare, men che meno avevo intenzione di alzarmi per andarmene e passare, in questo modo, davanti a loro. Cercai di concentrarmi sulle parole che avevo digitato sul motore di ricerca.
    «Non fingo proprio nulla» sentii rispondere il ragazzo, mio malgrado «Sono appena uscito da una storia con la tua migliore amica e non mi va di iniziare nulla con te. Inoltre mi pare di averti già spiegato che non voglio ferirla in questo modo.»
    «Ma, come hai appena detto, non state più insieme no? Che problema c'è?» continuava Sara imperterrita.
    «Il punto è che, se anche è tutto finito, vederci insieme la farebbe stare male. Soprattutto se si tratta di te, che sei la persona di cui più si fida! Possibile che debba spiegartele io queste cose? Non erano le ragazze quelle sensibili?» ora sembrava esasperato.
    «Oh, andiamo! Non vorrai farmi credere che non ci stai per delicatezza nei suoi confronti!» diceva con un'espressione indignata «Voi ragazzi pensate solo con le parti basse, tutti quanti!»
    Si avvicinò al ragazzo. Lo capii perché avevo udito il rumore del suo corpo urtare la porta sotto il peso della spinta di lei.
    Sara proseguì il discorso con un tono più basso e sensuale «Ovviamente... è una cosa compresa nell'accordo, quella di fare sesso... per cui, smettila di fare il prezioso! Sono sicura che lo vuoi quanto me... »
    Si udirono suoni umidi ma capì che non si stavano baciano quando udii il ragazzo rispondere «Smettila di leccarmi l’orecchio. Non mi sembra proprio il luogo ed il momento! E ti ripeto per l'ennesima volta che non mi va!» la spinse via «E penso proprio che non mi andrà mai! Non mi piacciono per niente per persone che tradiscono alle spalle gli amici!»
    «Come osi...?!» Sara sembrava completamente sconvolta ed estremamente furente, non riuscì a finire la frase e tacque per un momento. Poi fece un lungo respiro e disse prima di scappare via «Come vuoi tu! Non sai quello che ti perdi, stronzo!»
    Il ragazzo rimase in piedi accanto alla porta, forse guardandola andare via. Poi sospirò ed entrò nell'aula. Si bloccò quando mi vide.
    «Hai sentito tutto?» mi chiese.
    «Già, mi dispiace» dissi imbarazzato.
    «Oh, non fa nulla. Però devi promettermi una cosa» mi disse serio «Non raccontare a nessuno quello che hai sentito, se dovesse arrivare alle orecchie di Marta, cioè, voglio dire, della mia ex, potrebbe rimanerci molto male.»
    «Lo prometto, non dirò nulla» dissi accettando quella nobile richiesta.
    Quel ragazzo mi stava simpatico: aveva rifiutato una bella ragazza come Sara per non ferire i sentimenti di un'altra di cui non avrebbe dovuto importargli più nulla. Chiunque si sarebbe facilmente innamorato di lui, era anche fisicamente attraente.
    In effetti, ora che lo avevo davanti, non potevo rimanere impassibile davanti alla sua bellezza sconvolgente. Aveva i capelli castani corti e gli occhi leggermente a mandorla e grandi, con ciglia lunghissime e scure.
    Il viso era squadrato ma la linea della mascella era morbida. Il naso era proporzionato e dritto e le labbra erano piene con quello inferiore leggermente più sporgente. Aveva una corta barba incolta che gli dava un'aria selvaggia e assolutamente sexy, oltre a farlo apparire più virile e decisamente maturo. Aveva anche un corpo slanciato. Doveva essere alto circa un metro e ottanta: non lo si sarebbe detto uno studente.
    Il mio cuore iniziò a battere ed arrossii violentemente. Per non fargli capire quanto fossi attratto da lui, abbassai gli occhi e fissai la tastiera.
    «Grazie» disse sospirando di sollievo «Comunque piacere, sono Federico» e allungò una mano.
    La presi nella mia ancora incapace di guardarlo dritto negli occhi e gli dissi il mio nome «Io sono Stefano, piacere.»
    Da quella volta lo vidi più spesso perché iniziò a frequentare il corso di informatica. Ogni volta che mi rivolgeva un cenno di saluto, il mio cuore puntualmente aveva un tuffo.

    Non riesco ancora a capacitarmi che ora lui sia mio! Le sue mani e la sua bocca scorrono su tutto il mio corpo. Sento il suo respiro sul collo mentre il nostro sudore rimane prigioniero dei nostri corpi che premono l'uno contro l'altro.
    Il suo petto è a contatto con la mia schiena e sento forte i nostri cuori battere all'unisono mentre mi morde sulla spalla facendomi impazzire.
    Con un braccio mi circonda la vita, aprendo il palmo sul mio stomaco e premendo saldamente per tenermi fermo al mio posto e stretto a lui, mentre con spinte vigorose mi penetra dentro e affonda senza sforzo, facendomi vibrare fin nell'animo.
    Non riesco a smettere di ansimare mentre con l'altra mano libera mi masturba davanti, schiacciando leggermente la base e facendo poi scorrere il palmo su tutta la lunghezza. Una cosa che mi procura brividi per tutto il corpo e che mi fa inturgidire i capezzoli, dando a lui la possibilità di giocare anche con quelli.
    Lo sento ovunque e mi sento impazzire.
    Mi agito sotto il suo corpo, assecondando i suoi movimenti, allargando maggiormente le gambe per dargli più spazio di manovra.
    Lui accelera il movimento, rincorrendo l'orgasmo che sente arrivare. Anche in me inizia a montare quella sensazione di insopportabile tormento.
    «Federico... Federico…» continuo a sospirare senza posa, pregandolo di non smettere, completamente sottomesso e dipendente da lui.
    Lui avvicina il viso al mio orecchio e mi sussurra «Sono qui.»
    «Sì... sì...», gemo sempre più vicino al culmine.
    «Sei così bello, Dio... sei mio, mio...» lo sento dire frenetico, tra un ansito e l'altro.
    Quando mi rivendica come suo temo sempre di impazzire di gioia, perché sento che il cuore non è in grado di sopportare una tale passione, un simile sentimento. È così bello che fa quasi male.
    «Ti prego, ti prego... » urlo spingendo il bacino indietro verso di lui e donandomi completamente.
    Lui prende tutto quello che ho da offrirgli dandomi in cambio, come equa moneta di scambio, tutto sé stesso.
    E mentre siamo stretti in quella morsa impossibile, mi circonda con entrambe le braccia gridando «Ti amo!» e venendo dentro il mio corpo, in un fiotto di vita rovente, mentre anche io giungo al culmine, e mi dimeno, folle di piacere.
    «Federico...» continuo a sussurrare anche mentre giacciamo affannati tra le coperte, mentre osservo i suoi occhi appesantiti dall'orgasmo e gli poso una mano sul cuore. E per me il suo nome è più prezioso di qualsiasi giuramento d'amore. Lo sussurro come una preghiera, un ringraziamento, come la prova che lui è reale, che mi ama e che mi appartiene «Non mi lasciare.»
    «Mai» promette.
    «Sei mio.»
    Mi sorride « Per sempre.»

    E ci addormentammo così: l'uno tra le braccia dell'altro.




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    Edited by Ryo13 - 14/6/2012, 12:12
  5. .

    Il tuo corpo nudo

    _Autore: Ryo13
    _Genere: Romantico, Yaoi
    _Rating: Rosso
    _Tipologia: One-shot
    _Breve descrizione: "Di nuovo rimasi interdetto dalla sua nudità: persino dopo averlo scorto in canottiera, non avevo capito la portata della sua bellezza. Aveva il petto assolutamente liscio, privo di peluria e scolpito. I capezzoli erano chiari e ovali e si inturgidirono deliziosamente quando entrò in acqua."
    (Cit. dal testo)
    _Note: ★ Ho cercato di sviluppare al meglio i personaggi e le situazioni ed il risultato è stato che è venuta fuori un po' lunga. Mi sono divertita a scriverla quindi spero che altri appassionati del genere possano apprezzarla.
    ★ La storia ha un seguito nella One-shot 'You are Mine' narrata dal punto di vista di Stefano.

    Pioveva a dirotto. Quella mattina sembrava una giornata promettente, non c'era nemmeno una nuvola a turbare il celeste del cielo, eppure ora erano comparse numerose e grigie, tuonando minacciose. La campana della sesta ora era finalmente suonata ed ero impaziente di tornare a casa per rilassarmi e fare qualche partita alla playstation: per fortuna non c'erano molti compiti per quel giorno.
    Osservavo la pioggia che non accennava a diminuire e mi rassegnavo ad inzupparmi pensando che, una volta dentro casa, mi sarei potuto cambiare.
    Mentre mi dirigevo verso la porta ed imboccavo il vialetto che portava all'uscita della scuola, notai una figura sotto la pioggia. Quando gli fui vicino, quello si girò di scatto e da sotto il cappuccio della felpa riconobbi Stefano, un ragazzo che vedevo spesso nell'aula di informatica con cui avevo scambiato quattro chiacchiere ogni tanto quando facevo laboratorio. Sembrava un ragazzo timido. Ogni volta che gli avevo rivolto la parola era parso impacciato e in qualche modo imbarazzato. Però lo avevo visto parlare in maniera apparentemente normale con altre persone, quindi dedussi che non doveva trovarsi particolarmente a suo agio con chi non conoscesse bene.
    Anche in quel momento, vedendomi sopraggiungere si irrigidì e sgranò un po' gli occhi, ma si riprese subito.
    «Ciao» mi disse. «Anche tu senza ombrello?» ed accennò un sorriso.
    «Sì. Pensavo che avrebbe retto oggi» spiegai.
    «Abiti lontano?» mi chiese mentre camminavamo.
    «No, per fortuna no. Vengo sempre a piedi. Tu invece dove stai?» Mi spiegò in quale zona abitava ed era un po' fuori mano. «Hai qualcuno che ti viene a prendere?» domandai.
    «No, prendo l'autobus»
    «Non sai che c'è sciopero oggi?» La sua espressione sorpresa mi disse di no.
    «Ah... ecco... no, non lo sapevo.» Sembrava imbarazzato.
    «Come farai a tornare a casa allora?» domandai perché iniziavo a sospettare che avrebbe optato per farsi tutta la strada a piedi.
    «Uhm... s-suppongo che andrò a piedi» disse con lo sguardo fisso sul marciapiede.
    «Credo che non dovresti. Ti buscherai un raffreddore.»
    «Ma... non posso mica stare da qualche parte ad aspettare che smetta di piovere.»
    Lo osservai: si nascondeva in quel suo cappuccio, contratto sotto quella felpa, e tremava, sicuramente per il freddo. Non ebbi cuore di lasciarlo vagare per la città con la pioggia fitta e quello zaino pesante per giunta.
    «Ti va di venire a casa mia?» proposi quella che mi sembrava la migliore soluzione.
    Sobbalzò spalancando gli occhi e voltandosi a guardami come se fossi un tipo pericoloso e lo avessi appena invitato in un vicolo cieco per pestarlo. Ma probabilmente era solo sorpreso ed imbarazzato. Aspettai la sua risposta.
    Tacque un attimo e poi, timidamente, rispose: «Non vorrei dare fastidio.»
    «Nessun fastidio, te l'assicuro» risposi per tranquillizzarlo. «Mia madre prepara sempre porzioni abbondanti, non sarà un problema fare un piatto anche per te.»
    «Ah... allora... g-grazie» accettò e di nuovo accennò un sorriso. Lo vidi arrossire leggermente.
    Arrivammo in fretta a casa, dove mia madre ci accolse entusiasta come sempre -il tempo non influiva minimamente sul suo umore- e non ebbe problemi per l'ospite improvviso. Ci cambiammo e Stefano mi ringraziò per il maglione ed i jeans che gli prestai. Dopo mangiato, salimmo in camera mia dove gli feci scaricare lo zaino in un angolo e gli dissi di mettersi comodo.
    Si guardava intorno con grande interesse e si fermò soprattutto ad osservare le foto appese alle pareti.
    «Questo è tuo fratello?» mi chiese indicando un ragazzo che stava accanto a me in una foto.
    «Sì, come hai fatto a capirlo?» domandai a mia volta sorpreso. Di solito nessuno notava la parentela.
    «Avete la stessa forma delle labbra. Ho pensato che dovesse essere qualche parente» spiegò guardandomi appena.
    «Oh, capisco. Comunque si chiama Giovanni, ha cinque anni in più di me e non sta più qua. Vive fuori per l'università» spiegai.
    «Sembri dispiaciuto. Ti manca tanto?» mi chiese con tono innocente.
    La sua domanda mi colpì nel profondo perché di solito non davo a vedere quanto mi mancasse in realtà. Era poco virile, anzi, era proprio da ragazzino. Non parlavo spesso di lui e quando lo facevo mi limitavo a dire che non stava più a casa, quindi nessuno mai aveva notato i miei sentimenti. Ma Stefano, stranamente, lo aveva fatto. Quel ragazzo così timido, i cui occhi sembravano tanto sfuggenti, in realtà osservava il mondo da un angolino appartato e scorgeva la verità guardandola direttamente, lì nel centro dove si trovava. Quella scoperta mi sorprese e mi intrigò: ero curioso di sapere come riuscisse a notare certe cose anche quando apparentemente non guardava.
    «Un po'» ammisi a disagio «Ti va di fare qualche partita?» proposi per cambiare discorso mostrando la custodia di Fifa «Altrimenti ho Mortal Kombat, oppure qualche gioco di corse.»
    «Mortal Kombat» decise, e per la prima volta vidi che piegava le labbra in un ghigno di sfida.
    «Bene. Ti farò a polpetta!» lo sfidai di rimando ridendo di gusto.
    Ma fu lui a conseguire una vittoria schiacciante. Era umiliante ma a quel gioco era un vero asso!
    «Se l'avessi saputo prima, avrei evitato di farti scegliere il gioco!» esclamai esasperato per l'ennesima sconfitta.
    «Scusa ma non era mia intenzione farmi ridurre 'a polpetta'» disse e rise senza più trattenersi. Aveva una bella risata, coinvolgente. Si era rilassato sempre di più man mano che giocavamo. Chissà, magari il fatto di vincere continuamente lo faceva sentire più sicuro oppure, forse, si stava abituando alla mia presenza. Quale che fosse il motivo mi piaceva la piega che avevano preso gli eventi: Stefano era un ragazzo davvero simpatico sorvolando sull'iniziale timidezza. Era come se dietro la corazza di imbarazzo fosse nascosta una personalità profonda e brillante. Passammo così gran parte del pomeriggio, la restante parte del tempo la spendemmo a studiare -anche lui aveva pochi compiti dato che il giorno dopo saremmo usciti prima-. La sera mio padre rientrò dal lavoro e insieme lo riaccompagnammo a casa sua.

    *****


    Da quella volta diventammo molto amici: iniziammo a scherzare con più disinvoltura quando ci incontravamo. Non appena scoprii che a casa era spesso solo perché era orfano di padre e la madre lavorava tutta la giornata, iniziai anche ad invitarlo spesso a casa mia e passavamo i pomeriggi insieme. La mia intuizione si era anche rivelata corretta: era davvero un tipo particolare. Non esprimeva mai la sua opinione prima di essere assolutamente certo dei fatti ed aver ponderato le situazioni per bene. Guardava il mondo e lo vedeva con occhi diversi: quando chiedevo il suo punto di vista su qualcosa capitava spesso che mi spiazzasse con le sue risposte e questo non faceva che aumentare la mia curiosità su di lui e su quello che pensava. Inoltre, era di ottima compagnia: era discreto e si preoccupava di non essere di peso, e generalmente era d'accordo di fare le stesse cose che andavano a me, quindi eravamo sempre impegnati in qualcosa e non c'era mai un momento di noia. Era anche brillante a scuola e mi aiutò a migliorare i voti sulle materie in cui andavo peggio, cosa che rallegrò immensamente i miei genitori e fece vedere loro quell'amicizia come qualcosa di assolutamente positivo: non erano affatto turbati dalla possibilità che avremmo potuto trascurare lo studio distraendoci con altre cose, quindi non si lamentarono mai del tempo che Stefano passava a casa nostra. Scoprii persino che era davvero un bel ragazzo. Non lo avevo mai guardato per bene: teneva lo sguardo basso e nascondeva il suo corpo indossando felpe sformate, quindi non gli si prestava troppa attenzione. Ma un giorno facemmo una corsa verso casa mia, scherzando ci eravamo sfidati a chi arrivasse prima. Vinsi io -in quello sì che non mi facevo battere!- e accaldati ci sfilammo di dosso i vestiti più pesanti. Lo vidi in canottiera per la prima volta e ne rimasi sorpreso. Aveva una muscolatura discretamente sviluppata ed asciutta, non era magro come sembrava con quei vestiti ingombranti. Coi capelli spettinati ed il sudore ad imperlargli la fronte inoltre, lo si poteva definire persino sensuale. Ma mi riscossi in fretta da quegli strani pensieri. Per alleggerire la tensione che avevo dentro, gli dissi scherzando che avrebbe dovuto smetterla di portare quelle felpe giganti.
    «Staresti meglio e scommetterei anche che piaceresti di più alle ragazze!»
    Mi prese sul serio perché i maglioni larghi e le felpe sformate scomparvero del tutto. E come avevo previsto si fecero avanti le prime pretendenti. Notai che sempre più spesso, quando lo andavo a trovare in classe, era attorniato da un numero sempre maggiore di ragazze che gli si attaccavano al braccio o lo abbracciavano simulando amicizia, e, quando potevano, gli stampavano persino sonori baci sulle guance. Era quasi fastidioso: ci interrompevano quando parlavamo per cercare di farsi invitare ad una delle giornate che trascorrevamo assieme. Lui gentilmente rifiutava di cedere alle loro richieste, perché si trovava ospite a casa di altri e non era educato fare inviti; io, dal canto mio, usavo la scusa di avere la casa piccola: schiamazzavano troppo e davvero non le avrei volute attorno. Ma ciò mi diede la possibilità di notare che, anche se non sembrava, Stefano era una persona decisa. Con quell'aria dimessa non ce lo si aspettava, ma esprimeva la sua opinione con garbo ma in modo fermo.
    Arrivò così l'estate.
    «Cosa pensi di fare durante queste vacanze?» mi chiese un giorno mentre passeggiavamo di ritorno dal supermercato dove ci aveva spedito mia madre per comprare gli ingredienti necessari per preparare il pranzo.
    «Oh, non so proprio. Suppongo che andrò al mare» risposi.
    «Solo mare? Non hai in programma nessun viaggio?» insistette.
    «I miei hanno organizzato una partenza di due settimane in occasione delle ferie di mio padre. Credo abbiano scelto di andare in qualche isola greca.»
    «Oh... quindi... suppongo che non ci vedremo per quindici giorni» disse con un’espressione un poco triste.
    Era comprensibile che non ne fosse entusiasta: che sapessi, ero il suo unico vero amico e passava quasi tutto il suo tempo libero con me.
    «Non credo proprio. Non ho detto che parto con loro. I viaggi con i miei tendono ad essere pallosi!» scherzai dandogli un pugno sul braccio. Ed immediatamente vidi mutare la sua espressione da rassegnata a raggiante. Che ragazzo semplice! Bastava poco per metterlo di buon umore: questo suo aspetto era molto tenero. Ma subito dopo aver formulato quel pensiero mi crucciai su come avessi potuto scegliere un aggettivo così ridicolo!
    «Meno male! Non avrei saputo che fare in quei giorni!»
    «Beh, avresti potuto passare un po' di tempo con tua madre, no? Non prende le ferie anche lei?»
    «No, al contrario. In estate lavora come cameriera in un villaggio turistico. Sta via almeno due mesi» mi spiegò.
    «Due mesi? Ogni anno tu rimani da solo per due interi mesi?!» sbottai incredulo a quella notizia.
    «Sì, ma non meravigliarti. Non è così terribile come sembra. E poi... so badare a me stesso» disse con veemenza. Sapeva che non approvavo il fatto che sua madre lo lasciasse tutto quel tempo da solo, ma d'altra parte capivo che non aveva alternative essendo l'unica responsabile per la famiglia.
    Non discussi, dunque, quanto aveva detto ma gli proposi di stare da me durante i quindici giorni in cui i miei fossero stati via. Accettò con piacere.

    *****


    «Non preoccuparti, mamma, staremo bene!» ripetei forse per la centonovesima volta.
    Mia madre era ferma davanti alla porta, con il bagaglio alla mano ed era intenta a raccomandarmi per la milionesima volta di stare attento, di chiamare in caso di bisogno, di fare il bravo.
    Stefano, dietro di me, sorrideva divertito da quella scenetta familiare.
    «Non si preoccupi, signora» diceva diretto a mia madre «Baderò io a lui, non ha nulla da temere!» e tirava fuori il suo sorriso più sfrontato.
    Mi voltai per scoccargli un'occhiataccia quando mia madre rispose: «Visto che ci sarai tu qui, starò molto più tranquilla» e questo mi obbligò a dirigere verso di lei la mia occhiata furente.
    «Certo che hai un'alta considerazione di me, mammina!» sbottai. «So badare a me stesso per due settimane, grazie! Non occorre che ci sia Stefano a tenermi d'occhio, non sono un bambino!»
    «No ma spesso hai la testa per aria, tesoro» e con questo, dopo altri interminabili saluti, finalmente uscì di casa e potei rilassarmi.
    «E tu che le dai corda!» lo accusai puntando il dito contro di lui.
    «Ah ah ah! Avanti, è stato troppo divertente! Non ho potuto resistere!» rispose per nulla preoccupato della mia apparente furia.
    Ed in fondo avevo già dimenticato l'accaduto e mi dirigevo in cucina alla ricerca di qualcosa da mangiare. Stefano si era sistemato nella mia camera, sul letto di mio fratello che si trovava accanto al mio. Aveva portato con sé un borsone con qualche capo estivo, qualche costume ed il necessario per la pulizia personale. Avevamo già messo a posto tutto quanto mentre aspettavamo che i miei sloggiassero e ci lasciassero campo libero. Era meraviglioso poter avere finalmente la casa tutta per «Allora, cosa ti va di fare tanto per cominciare?» gli chiesi mentre addentavo un pancarré che avevo condito con nutella. Ne preparai uno anche per lui e allungando il braccio gliel’offrii.
    «Potremmo cominciare col pulire casa» mi rispose serio. Ma quando vide l’espressione disgustata della mia faccia, non si trattenne e scoppiò a ridere. «Scherzavo! Come fai anche solo a pensare di potermi prendere sul serio?! Certo, le dovremmo fare ad un certo punto… ma mi sembra assolutamente assurdo farle come prima cosa!» e continuò a ridere di gusto.
    «Piccolo mostro! So che ne saresti capace! Mia madre se n’è appena andata e tu parli già di sgobbare appresso alle pulizie! Sono ancora psicologicamente convalescente dell’attacco dei suoi baci e delle sue raccomandazioni! Ho bisogno di qualche attività che mi faccia riprendere!» lo rimproverai fingendomi oltraggiato.
    «Allora ti propongo di andare subito al mare. Non è lontano da qui.»
    «Ora si comincia a ragionare!» approvai soddisfatto. «Finiamo di mangiare a prendiamo le tovaglie.»
    In pochi minuti fummo pronti per partire. Usammo il motorino che tenevo in garage e ci dirigemmo verso la spiaggia più vicina. La giornata era stupenda: il sole era caldo e faceva desiderare di essere presto a mare per farsi un tuffo e rinfrescarsi. Mentre guidavo la città mi sfrecciava davanti agli occhi e pian piano il panorama si ricopriva di vegetazione abbandonandosi alle spalle le costruzioni in cemento e lo smog, ma non era solo il paesaggio ad attirare la mia attenzione: gran parte di essa era focalizzata sulla persona che mi stava seduta dietro. Sentivo le sue cosce stringere le mie e le sue mani cingermi i fianchi in una posizione naturale e salda. Le teneva ben aperte e sentivo la grandezza del suo palmo premere sulla stoffa della maglietta mentre la pelle sotto di essa si riscaldava più che in altri punti del corpo. Quando mi parlava avvicinava il viso al mio orecchio e sentivo il suo petto aderire, appoggiandosi, al mio. Mi sentivo teso e a disagio ma non riuscivo a capire il perché: non ero infastidito, non mi sarei voluto comunque scostare da quella posizione, eppure il cuore mi prese a battere all’impazzata e sentii le orecchie calde di rossore. Arrivammo a destinazione troppo presto. Un po’ impacciato, sistemai il motorino con la catena ed il bloccasterzo e prendemmo uno piccolo vialetto, stretto da alte mura, che portava alla spiaggia. Sistemammo le tovaglie in un punto non troppo vicino all’acqua ed iniziammo a spogliarci. Di nuovo rimasi interdetto dalla sua nudità: persino dopo averlo scorto in canottiera, non avevo capito la portata della sua bellezza. Aveva il petto assolutamente liscio, privo di peluria e scolpito. I capezzoli erano chiari e ovali e si inturgidirono deliziosamente quando entrò in acqua. Il ventre era piatto e vi facevano capolino addominali morbidi ma definiti che si adattavano alla perfezione a quel corpo immacolato. Quando si tuffò in acqua, ebbi il tempo di osservare i muscoli delle spalle contrarsi e notare che più in basso, nella schiena, aveva due graziose fossette. Mi venne l’acquolina alla bocca come se mi trovassi davanti un cibo delizioso. Ma nulla mi sconvolse di più dell’erezione che, all’improvviso, si era risvegliata selvaggia. Mi affrettai a tuffarmi a mia volta, sperando che l’acqua fredda calmasse quella strana reazione e che mi schiarisse le idee. Da un po’ di tempo non mi comportavo normalmente accanto a Stefano. Forse non avevo mai avuto reazioni normali con lui fin da principio. Ma le sensazioni che si andavano risvegliando poco a poco mi preoccupavano enormemente e non riuscivo a capirle. Non credevo di essere gay: le ragazze mi erano sempre piaciute e avevo fatto qualche esperienza con loro. Ma come spiegare la tensione, il batticuore? Per non parlare dell’erezione che avevo appena avuto! Mentre nella mente si agitavano questi pensieri, rimasi in silenzio e dopo un po’ mi accorsi di essere osservato. Stefano era poco lontano da me, immerso in acqua fino al petto, con i capelli neri che, bagnati, gocciolavano sulle spalle e gli occhi azzurri fissi su di me. Quando si accorse che lo avevo notato si affrettò a distogliere lo sguardo e si avvicinò.
    «Sembri pensieroso, c’è qualcosa che non va?» mi chiese con espressione incuriosita.
    «No, nulla. Ero solo sovrappensiero» gli dissi cercando di sorridere per cancellare quel pesante filo di pensiero.
    Apparentemente ci riuscii perché in seguito passammo una meravigliosa giornata. Rimanemmo a mangiare in spiaggia, comprando dei panini da un venditore ambulante e tornammo a casa nel pomeriggio inoltrato quando non ci fu più sole da prendere. Ottenemmo una bella abbronzatura, anche se nei punti che erano stati più esposti ci bruciammo un po’. A cena cucinò Stefano e constatai che era un ottimo cuoco. Ripetemmo quel programma per la prima settimana.

    *****


    La sera del settimo giorno però, ordinammo una pizza. Eravamo sfiniti perché quel pomeriggio avevamo giocato tutto il tempo a beach volley con un gruppo di amici: io e Stefano costituivamo un’ottima squadra, insieme eravamo quasi imbattibili. Ci lavammo a turno, guardammo un film e poi ci spostammo in camere, pronti per andare a letto.
    «Monica ha un debole per te» esordì di punto in bianco.
    Lo guardai con le sopracciglia corrugate come se non avessi capito bene ciò che aveva detto.
    «Hai capito. Penso che tu le piaccia» continuò spostando lo sguardo sui suoi piedi. Se ne stava seduto in mutande sopra il letto con le gambe leggermente aperte e le braccia larghe, a sostenerlo sul materasso.
    «Cosa te lo fa pensare?» chiesi curioso.
    «Il modo in cui ti guarda. E poi ha sempre una scusa per toccarti» rispose di fretta mentre un leggero rossore gli inondava le guance.
    «Monica ha l’abitudine di toccare tutti. Sta parecchio addosso anche a te» replicai. E dopo una pausa un’idea folgorante mi passo per la mente «Non è che sei geloso perché lei ti piace?» sbottai un po’ troppo precipitosamente, come allarmato. Ma lui parve non notarlo e arrossendo vistosamente si affrettò a negare.
    Quella risposta non mi piaceva per niente. Sembrava stesse tentando di nascondere una verità evidente.
    «Stai mentendo!» lo accusai «Lei ti piace, non è così?» continuai ad esigere una risposta col cuore in gola.
    «No, davvero, dico sul serio!» disse e mi diede le spalle sdraiandosi sul letto. Ma non mi andava bene nemmeno quella risposta, per cui mi avvicinai a lui e lo afferrai per le spalle.
    «Non ti vergognare! Guarda che se ti piace puoi facilmente conquistarla. Ho visto che effetto fai alle ragazze. Sei un bel ragazzo, puoi avere quella che vuoi» lo incoraggiai pensando che la reticenza fosse dovuta alla sua naturale insicurezza. E io volevo sapere come stavano davvero le cose, quali fossero i suoi veri sentimenti.
    «Non dire sciocchezze! E comunque ti ho detto che non sono interessato a lei!» mi rispondeva girando leggermente il volto nella mia direzione. Ne approfittai per afferrarlo, stringendo la mano attorno alla sua mascella, per trattenerlo in quella posizione, costringendolo a guardami fisso negli occhi.
    «Allora ti piace un’altra?» gli chiesi serio mentre lui mi guardava con occhi sgranati.
    «N-no…» balbettò.
    «Non ti è mai piaciuta nessuna prima?» continuai imperterrito.
    «No! Lasciami stare!» gridò sottraendosi all’improvviso alla mia presa. Non so perché, ma mi infuriai e tentai di riafferrarlo. Strinsi le mani attorno alle sue braccia e lo tirai verso di me. Forse per il precario equilibrio, o forse per l’eccessiva forza che usai, scivolammo sul pavimento e lui mi cadde addosso.
    «Razza di stupido! Ma che…?» si bloccò a metà della frase non riuscendo a finire, perché la mia coscia si era spostata verso l’alto e aveva sfregato casualmente le sue parti basse. Anche per me il contatto fu improvviso e mi lasciò incapace di parlare. Tanto più che mi resi conto che si era eccitato.
    Sollevai la testa per guardarlo in viso, mentre le mie mani lo trattenevano cingendolo dai fianchi, e lo vidi paonazzo con gli occhi serrati e le labbra strette in una linea marcata e piegata in maniera infelice. Ero confuso e assolutamente indeciso su cosa fosse meglio dire, quindi tacqui per un lungo momento.
    Non vedendomi reagire, Stefano tentò di sollevarsi ma fui lesto a bloccare quel movimento e trattenerlo a contatto col mio corpo, avvolgendo un braccio dietro la sua schiena.
    «Cosa stai cercando di fare?» mi chiede disperato.
    Ignorai quel tono e gli domandai «Ti piacciono i ragazzi?»
    Rimase sconvolto da quella domanda, o piuttosto dal tono noncurante con cui la posi e non disse nulla, ma io attesi. Dopo un momento fece un cenno col capo.
    «Ti prego, non odiarmi!» gemette con gli occhi già pieni di lacrime.
    Non so quali esperienze avesse avuto, ma sembrava terrorizzato dalla possibilità che lo cacciassi via in malo modo. Tremava vistosamente e ogni tanto opponeva resistenza cercando di allontanarsi da me.
    «Allora… c’è un ragazzo che ti piace?» chiesi ancora più preoccupato di prima. Non so perché, ma temevo maggiormente che il mio rivale fosse un uomo piuttosto che una donna. Forse perché se anche si fosse innamorato di una donna, avrei potuto comunque mantenere la mia posizione privilegiata di amico. Comunque sia, aspettavo ansioso una risposta, paralizzato su quel pavimento.
    «S-sì» confessò alla fine.
    Mi sembrò di morire. Il cuore con un tonfo era sprofondato almeno all’altezza dello stomaco. Mi faceva male respirare e mi bruciavano gli occhi per la voglia di piangere ma mi trattenni.
    «Lo conosco?» ebbi la forza di chiedere, fu più forte di me. Nel caso che conoscessi il tizio che gli piaceva, sapevo già che qualunque opinione avessi avuto di lui in precedenza, sarebbe stata rimpiazzata da un odio bruciante.
    Fece un altro cenno e distolse lo sguardo.
    «Chi è?» sussurrai ormai disperato. Nella mente scorrevano immagini di visi conoscenti: compagni di classe, conoscenti di Stefano, amici che gli avevo presentato… li odiai tutti mentre aspettavo la sua risposta prima di focalizzarmi su uno solo di loro. Ma lui non mi rispose. Tentò di nuovo di sgusciare via e questo, più di tutto, mi fece imbestialire.
    Lo afferrai con forza e, torcendo le braccia, lo scaraventai sul pavimento mentre col mio corpo lo bloccavo in quella posizione, sotto di me. Avevo il viso contratto per la rabbia, e mentre con una mano gli bloccavo il braccio a terra, con l’altra gli tenevo fermo il mento per avventarmi sulle sue labbra.
    Rimase paralizzato per la sorpresa, quindi non fu difficile per me muovere la mia bocca e fare pressione sulla sua, fino ad obbligarlo a socchiuderla. Feci scivolare dentro la lingua accarezzando quella di lui e fermandomi solo per mordicchiargli il labbro inferiore.
    Ero fuori di me. Non capivo più nulla a parte la sua bocca, la sua lingua, il calore rovente del suo respiro che usciva in ansiti, il suo corpo premuto contro il mio e le mie mani che lo toccavano in viso. Non mi sembrò nemmeno strano che non opponesse resistenza, tanto ero smanioso di imprimermi nella mente quelle sensazioni prima che finissero per sempre. Non riuscivo a scostarmi nemmeno di un poco nel timore che un qualsiasi movimento mi svegliasse da quel sogno, precipitandomi nella realtà.
    Recuperai un po' di lucidità solo quando lo sentii gemere tra un bacio e l'altro, e capii che quella situazione non gli dispiaceva poi tanto. E senza perdere tempo a preoccuparmi del motivo per cui non mi respingeva subito, ne approfittai a presi ad accarezzarlo sul petto.
    Ora le mie labbra vagavano sul suo collo, dove potevo sentire pulsare l’arteria. Respirava velocemente e gli strappai un altro gemito, quando lo morsi sulla spalla.
    Ero incredibilmente duro e sentivo l'inguine pulsare al ritmo dei battiti cardiaci. Abbassai il bacino e mi sfregai contro il suo membro. Lui sussultò ed inarco il busto per premersi ancora più forte su di me. Iniziai a scendere verso l'ombelico e poi più in basso, lasciando, nel passaggio, la scia della saliva. Lo morsi leggermente sul pene attraverso la stoffa delle mutande. Ebbe un violento spasmo e trattenne il fiato, liberandolo alla fine in un lungo sospiro.
    «F-Federico...?» mi chiamò con voce incerta.
    Io non volevo rispondere, non volevo parlare. Avevo paura che le parole avrebbero annullato quel momento, spogliandolo della sua magia. Temevo che potessero portarmelo via, verso il ragazzo che gli piaceva veramente.
    «Non parlare» gli dissi con voce roca.
    «M-ma... » cercò di protestare. Io allungai una mano, strinsi tra le dita la sua erezione e gli strappai un ansito che lo zittì.
    Presi a leccarlo attraverso la stoffa e con le mani trattenni le cosce al loro posto. Poi, impaziente, gli sfilai le mutande e lo guardai nudo, con gli occhi appesantiti dall'eccitazione. Ora era perfetto: il suo membro, non più costretto dall'indumento, si allungava libero verso il ventre circondato da una folta peluria. Lo presi tra le mani e lo strofinai per il gusto di vederlo contorcere per effetto del mio tocco. Poi lo presi in bocca, baciando la punta ed assaporando la sua pelle setosa. E mentre pompavo, ad un ritmo via via più costante, sentivo aumentare i suoi gemiti, incapace di trattenersi. Quando giunse al culmine, strinse convulsamente le dita sulle mie spalle lasciando i segni delle unghie. Avevo sentito quando era vicino e, scostandomi con la bocca, lo avevo stretto tra le mani, stimolandolo due o tre volte. Ora sentivo tra le dita il suo seme bollente, ansimavo, e sentivo che sarei impazzito se mi fossi trattenuto oltre. Con la mano sporca accarezzai la parte più in basso, introducendo prima un dito e poi due, nel tentativo di allargare la zona.
    Stefano respirava affannosamente e continuava a gemere piano mentre lo toccavo. Io ero nudo, ma non ricordavo quando avessi sfilato i vestiti e non tentai nemmeno di fare mente locale. Mi avvicinai a lui, premendo con la punta sull'ano. Quando cercai di entrare, sussultò e gemette di dolore. Mi allontanai all'istante.
    «No, no... » si affrettò a dire Stefano.
    «Ma non voglio farti male» gli spiegai. Era una tortura trattenermi ma più di ogni altra cosa non volevo ferirlo.
    «Se fai piano posso abituarmi» mi pregava.
    «Non so se sono in grado di essere delicato... » ero dispiaciuto ma dovevo avvertirlo.
    «Ti prego! Ti prego... non mi importa nulla... nemmeno se fa male! Ti prego...» continuava a dire. Per confermare le sue parole, si strinse maggiormente a me.
    Io tornai da lui, cercai di entrare gradatamente mentre Stefano serrava le labbra per non far uscire nemmeno un suono. Quando la punta fu dentro, scoprii che fu più facile scivolare al suo interno. Era così caldo e mi stringeva così forte...
    «Dio...» sussurrai sconvolto da emozioni violente. «Cerca di rilassarti e respirare regolarmente» suggerii rivolto a lui.
    Mi obbedii quasi subito e le cose andarono meglio. Ora mi muovevo dentro e fuori di lui. Il rumore delle nostre carni che sfregavano era il più erotico che avessi mai sentito, tanto che non riuscii più a frenare i movimenti convulsi del bacino. Non mi preoccupai più di essere delicato, perso com'ero in quella danza primitiva.
    Gemevo senza controllo mentre mi calavo verso il basso e gli leccavo il petto, le spalle, il collo, le orecchie... risalendo fino a prendergli le labbra, mordendole con i denti. La lingua si muoveva prepotente dentro di lui come il membro faceva più in basso. Ora era di nuovo duro e lo stimolavo con le mani mentre lo prendevo da dietro senza sosta.
    Non so per quanto tempo andammo avanti in quel modo, ma quando venni, lo feci con uno spasmo incredibile, mentre sentivo più che mai che il mio corpo si tendeva dentro Stefano e si liberava dalla sua agonia.
    Stramazzai senza fiato sopra di lui e riuscii a spostarmi solo dopo un lungo attimo. Anche lui tentava di riprendere fiato e per un po' nessuno dei due proferì parola.
    «E ora?» mi chiese infine.
    «Non lo so» risposi sincero.
    «Perché lo hai fatto?» mi guardava dritto negli occhi e ciò mi mise a disagio.
    «Perché volevo» cercai di eludere la domanda.
    «Solo perché ti andava?» insistette.
    «Cosa vuoi che ti dica? Perché non parli tu e mi dici chi è questo tizio che ti piace tanto?» sbottai esasperato, arrabbiato, confuso e ferito. Avevo fatto l'amore con lui, lo avevo fatto mio. Ma quel momento era già passato, cancellato dall'incombenza della realtà e della ragione. E ora lui mi avrebbe respinto! Dalle sue labbra sarebbe uscito il nome di un altro e sarei stato geloso. Sarei stato furioso. Forse, se fossi stato abbastanza fortunato, mi avrebbe perdonato lo scatto d'ira con il quale lo avrei preso un'altra volta, inchiodandolo su quel pavimento. Come se scopandolo avessi potuto fargli cambiare idea. Come se mi fossi potuto liberare dei miei sentimenti per lui, per potermi rassegnare.
    Nascosi il viso tra le mani e gli diedi le spalle. Non volevo che vedesse la mia espressione quando avessi saputo il suo nome. Soprattutto se lo conoscevo.
    «Q-quindi non hai capito di chi si tratta?» chiese stupefatto.
    «Come avrei potuto? Non mi viene in mente nessuno che guardi in maniera particolare, che tratti diversamente, con cui passi il tuo tempo...»
    «Davvero non ti viene in mente proprio nessuno?» lo disse quasi divertito.
    Io soffrivo e lui osava ridere di me! «NO, CAZZO! Quindi dimmi subito il suo nome!» urlai perdendo la calma.
    «Sei tu.»
    Le sue parole arrivarono talmente improvvise che il cervello, in un primo momento, non fu in grado di analizzare la frase. Poi fui sicuro di capire che avesse detto me, ma mi sembrava così assurdo dopo tutta quella discussione che dovetti chiedere conferma.
    «Io?»
    «Sì, tu razza di cretino! Pensi che ti avrei lasciato fare anche solo la metà delle cose che mi hai fatto se non fossi stato innamorato di te? Per la verità mi piaci da un sacco di tempo! Ti notai quando venivi nell'aula di informatica ed ero incredibilmente felice quando scambiavi casualmente qualche parola con me. E quando mi invitasti a casa tua, quel giorno di pioggia, riuscii a malapena a trattenermi dal gongolare come un idiota! Con chi altri, oltre te, passo il mio tempo? Sei sempre stato tu l'unico che guardassi e trattassi in maniera differente rispetto a tutti gli altri! E con un'evidenza simile, quando ti confesso che sono gay e che mi piace qualcuno, ti viene persino il dubbio che possa trattarsi di un altro?» si sfogò a metà tra l'esasperazione ed il riso. Era chiaramente sollevato di apprendere che ricambiavo i suoi sentimenti, dopo aver creduto, per tanto tempo, di non avere speranze.
    «Perché non hai fatto nulla per farmelo capire?» gli chiesi.
    «Avevo paura che mi respingessi, che ti allontanassi e che non potessi più passare il tempo con te» mi disse triste.
    «Non so cosa dire... anche se non mi fossi piaciuto, non ti avrei mai cacciato via» lo tranquillizzai.
    «Beh, almeno è finita bene... » disse arrossendo.
    «Chi ha detto che è 'finita'?» lo provocai sogghignando.
    Dopo aver saputo che mi amava da tutto quel tempo e per il sollievo di essere l'unico nel suo cuore, ero di nuovo eccitato e pronto per ricominciare.
    «Oh... di nuovo?» sussurrò sorpreso «Questa volta però sii meno impetuoso, temo di non starti dietro»
    «Sarò più delicato ora che mi sono sfogato, non temere» dissi «Anche se dubito che tu possa non riuscire a starmi dietro» aggiunsi malizioso.
    La consapevolezza cambiava molte cose. Prenderlo, toccarlo, persino assaporarlo sembrava diverso senza la tinta della disperazione. D'ora in poi avremmo avuto tanto tempo per conoscerci ed esplorare i rispettivi corpi. E mentre ero dentro di lui, giurai a me stesso che lo avrei reso felice. Non sarebbe stato mai più solo.








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    Edited by Ryo13 - 14/7/2013, 23:23
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    The Crimson Spell
    crimsonspell

    Autore: Ayano Yamane
    Tipologia: Yaoi, Pubblico Adulto
    Genere: Azione, Avventura, Fantasy, Erotico
    Disponibilità Italiana: Kappa Edizioni
    Editore originale: Tokuma Shoten
    Prezzo: € 8.50

    Trama: Un orrendo sortilegio trasforma ogni notte il principe Baldrigr in un mostro demoniaco. Per cercare di rompere la maledizione della spada scarlatta, che si tramanda da generazioni nella famiglia reale, il ragazzo parte assieme all’affascinante mago Harvir per un lungo viaggio alla ricerca di indizi. Ciò che Baldrigr ancora non sa, è che al calare delle tenebre il compagno d’avventura approfitta del suo corpo: durante la trasformazione, infatti, il principe non è cosciente delle proprie azioni…



    Edited by Rheas - 2/3/2021, 15:07
  7. .

    I segreti di Brokeback Mountain
    i_segreti_di_brokeback_mountain
    Titolo originale Brokeback Mountain
    Paese USA
    Anno 2005
    Durata
    130 min
    Genere romantico, drammatico
    Regia Ang Lee
    Soggetto Annie Proulx (racconto)
    Sceneggiatura Larry McMurtry, Diana Ossana
    Fotografia Rodrigo Prieto
    Montaggio Geraldine Peroni, Dylan Tichenor
    Effetti speciali Maurice Routly
    Musiche Gustavo Santaolalla
    Scenografia Judy Becker

    Cast:
    Lureen: Anne Hathaway
    Ennis Del Mar: Heath Ledger
    Jack Twist: Jake Gyllenhaal
    Alma: Michelle Williams
    Joe Aguirre: Randy Quaid

    Trama: La storia ha inizio durante l'estate del 1963 e si svolge nel Wyoming, stato dell'America rurale e conservatrice, uno di quei luoghi quasi immutabili nel tempo e difficilmente toccati dalla storia e dalle rivoluzioni culturali.

    Due giovani uomini nemmeno ventenni, avvezzi al lavoro di fattoria e piuttosto spiantati si ritrovano casualmente a fare domanda per lo stesso impiego: condurre un gregge di pecore nella zona di Brokeback Mountain (un luogo fittizio), in alta quota, a cui dovranno badare per tutta l'estate.

    I due hanno un'indole molto diversa: Jack Twist è un ragazzo piuttosto estroverso e solare dedito alle gare di rodeo, con cui spera di ricavare un po' di benessere economico, mentre Ennis del Mar è un giovane di pochissime parole, dall'animo piuttosto chiuso e semplice, costretto a passare da un lavoro all'altro fin dall'adolescenza a causa della morte dei genitori. Nonostante queste differenze, l'isolamento e la convivenza forzata, nella silenziosa montagna, li porta a cercare un contatto e a stabilire a poco a poco un legame, che finisce per trasformarsi in un affetto non dichiarato, e che si fa sempre più intenso fino ad una sera in cui sfocia e finiscono per avere un rapporto sessuale .

    Da questo momento in poi i due, e in particolare Ennis, devono affrontare un difficile tormento interiore, una lotta tra la voce della ragione e delle convenzioni e i sentimenti innegabili che provano verso una persona del proprio sesso.

    Fino a quando rimangono sulla Brokeback Mountain questo rapporto, sia fisico sia emozionale, prosegue senza essere scalfito, apparentemente, dagli occhi del mondo. Ma, una volta finito il lavoro estivo, entrambi sembrano consapevoli che nella realtà questo legame non può nemmeno esistere; tornati a bassa quota tra la gente, le loro strade si dividono e li costringono a perdere i contatti.


    Considerazioni: E' un film molto bello che consiglio di vedere a chi gradisce il genere. E' anche molto triste, ma vale la pena di vederlo!

7 replies since 13/4/2009
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