Beauty Farm

Episodio 19 de "Il Grande Mazinga" rivisto da me in chiave più ironica

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  1. Luce
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    Episodio 19 “Il Grande Mazinga”.
    Mentre Tetsuya e Shiro si concedono una rilassante nuotata in piscina e i generali Anghors e Draido scatenano due mostri guerrieri contro il centro del dottor Kabuto, Jun cade in depressione a causa delle chiacchiere di alcune ragazze dalla parrucchiera. Queste donne affermano che una bella ragazza deve avere innanzitutto una bella pelle e, siccome Jun è mezza giapponese e mezza africana, si ricorda di come da piccola veniva canzonata dai compagni di scuola per il colore della sua pelle.


    “Non mi capisci… non vuoi capire cosa provo come donna” mormorò tra sé Jun con mestizia mentre ripensava a come l’aveva tratta Tetsuya poco prima. Lentamente rientrò alla base: i suoi passi erano lievi e silenziosi sulla neve fresca.
    Appena varcò l’ingresso, notò in lontananza il dottor Kabuto che parlava con il pilota di Mazinga.
    Confidenza, cameratismo, intesa; niente nei loro modi faceva pensare che si preoccupassero per lei, per il suo stato di poco prima, niente.
    Istintivamente portò la mano destra sulla guancia, esattamente dove poco prima l’aveva colpita Tetsuya. Lei non aveva reagito, aveva accettato la cosa come un fatto normale. Ma perché? Si chiese a un tratto.
    “Avevo bisogno di comprensione, ero tanto triste e lui mi ha detto che sono una sciocca e ho delle fisime” disse piano fissando il pavimento. Ricordò il dialogo nei particolari.

    Non essere sciocca. Noi due siamo orfani, ma portare rancore verso tuo padre non serve a niente! Nascere con la pelle bianca o nera è davvero così importante per un essere umano? Se proprio vuoi odiare qualcuno, odia la guerra! Anch'io in passato portavo rancore a mio padre, ma non vale la pena vivere così!

    E alla fine di quel discorso del tutto fuori luogo, le aveva dato uno schiaffo.
    Ora Jun non era più triste, sentiva solo una grande rabbia che l’invadeva in tutta la sua persona. Aveva voglia di correre verso quei due che parlavano come niente fosse, aggredirli e picchiarli con quanta forza aveva! Buttarli a terra e saltare sopra i loro corpi, immaginare la loro incredulità, lo sbigottimento, leggere la paura nei loro occhi e alla fine supplicarla con frasi spezzate da colpi di tosse e un filo di voce di lasciarli stare, loro le volevano bene, perché faceva così, era una ragazza meravigliosa e una pilota piena di coraggio.
    “Una brava pilota, come no!” pensò Jun con amarezza. “Quando sono scesa in campo mi ha dato della stupida, ha detto che il nemico era troppo forte per me. Però questa stupida gli ha salvato molte volte la vita, non ci ha mai pensato? No, è solo lui l’eroe! E in altre occasioni mi ha canzonata per come si era ridotto il mio robot in combattimento. Nessuna preoccupazione per me come persona.”
    “Ehi, Jun, cosa fai sulla porta? Vieni!” le disse Kabuto invitandola ad avvicinarsi a loro con un cenno della mano.
    Entrambi gli uomini sorridevano: quel sorriso fatuo e leggero, tipico di chi si butta tutto alle spalle. Tanto, di che bisogna preoccuparsi?
    La ragazza avanzò verso di loro con aria allegra. Voleva fargliela pagare, ma doveva essere una vendetta studiata bene, ironica, subdola, perfida e a sangue freddo.
    “Lo sai che diventi ogni giorno più bella?” le disse Tetsuya a voce alta in tono scanzonato.
    “Certo che lo so” lo gelò lei. Poi, fissandolo da capo a piedi, aggiunse: “Tu invece no, hai bisogno di una remise en forme.”
    “Di che?” chiese lui ridendo volgarmente.
    Con delicatezza prese tra le mani una ciocca di capelli e concluse: “Il cloro della piscina ti indurisce le chiome e usi dei prodotti non adatti quando li lavi.”
    “E allora? Non devo mica posare per quei giornali da vip! Sono un guerriero io, non un modello!” gridò il ragazzo battendosi il petto con orgoglio.
    Jun si trattenne a malapena dalla voglia di scaraventarlo a terra, quindi, con voce suadente, aggiunse: “Non hai bisogno di dirmelo, lo so già; però, se scendi in campo in piena forma, farai schiattare i mostri di Micene non solo con le armi, ma anche dalla rabbia. Tu sei bello e loro molto brutti. La bellezza può fare molte stragi, mietere vittime… di cuori femminili certamente, ma anche di cattivoni per travaso di bile.”
    Tetsuya si voltò verso il dottore, ma era sparito. Guardò la giovane che aveva di fronte: gli aveva parlato con tono carezzevole e quasi materno, ma intravedeva nei suoi gesti un’inconfessata sensualità a stento trattenuta. O almeno così gli sembrava.
    La sua vanità prese il sopravvento su tutto, quindi le disse: “Cosa mi proponi allora? Dove trovo queste famose armi belliche che hai decantato poco fa?” le chiese, mentre il suo amor proprio lievitava come una torta nel forno.
    “Vieni con me. Questa mattina ero dalla parrucchiera, e il suo salone è completo di tutti i servizi. Capelli, unghie, massaggi, trattamenti laser, linfodrenaggio, cambio look…”
    “Un momento! Non posso mica chiudermi là per un mese!” la interruppe.
    “In due ore sarai come nuovo, fidati di me.”
    “Fai come ti dice Jun” disse il dottore apparso magicamente nell’atrio.
    “A più tardi, dottore” gridò la ragazza afferrando Tetsuya per il polso e guidandolo verso l’auto.

    In un quarto d’ora arrivarono a destinazione. Jun aveva già telefonato alla padrona del locale, dandole tutte le istruzioni.
    Entrarono in un vasto salone tutto chiaro e dal pavimento color crema; l’arredamento principale era costituito da grandi specchi che partivano dal pavimento e arrivavano al soffitto: le grandi lampade e lampadari avevano luci molto forti. Luogo apparentemente semplice, ma in realtà sofisticato ed elegantissimo.
    Tetsuya si guardò intorno sentendosi a disagio, ma al tempo stesso aveva una gran voglia di immergersi in quella nuovissima esperienza che lo stuzzicava come non mai.
    Dal fondo della stanza, apparve una giovane lavorante che indossava un grembiule rosa, la quale andò loro incontro con un sorriso che pareva non spegnarsi mai. Profumava di fiori, shampoo e cosmetici.
    Il ragazzo fu colto da un’improvvisa vertigine, ma si riprese subito.
    “Ciao, Kaori” le disse Jun in tono confidenziale “ho già preso accordi con la signora al telefono poco fa.”
    “Lo so, sono stata informata” le rispose sempre sorridendo. Poi, guardando in alto verso il ragazzo, aggiunse: “Di questo bel giovane me ne occuperò io” disse, mentre da un cassetto prendeva un asciugamano di cotone e lo apriva con energia.
    “Bene, so che è in buone mani. Vado a fare alcune spese, sarò qui tra un paio d’ore.”
    La lunga e flessuosa figura di Jun scomparve in un istante. Tetsuya provò per un istante un vago senso di inquietudine, ma le mani gentili della ragazza che gli facevano infilare un lungo camice, e la voce gentile che lo invitava ad accomodarsi nella poltroncina di velluto davanti ad un grande specchio, gli fecero tornare tutta la sua baldanza.
    I due si fissarono nel vetro che stava loro di fronte e presero accordi.
    “Cominciamo dai capelli” disse lei tastandoli con le sue sottili dita come aveva fatto Jun al Centro.
    “Sono molto aridi… serve una crema super idratante e dopo un buon taglio. Faremo un peeling sul viso; alla fine, asciugatura e messa in piega.”
    “Ma come? Perché così tanto tempo per i capelli?” balbettò lui preoccupato.
    “Su, una volta tanto, lasci che siano gli altri ad occuparsi di lei. Quando avrò finito, non si riconoscerà più” disse la ragazza con tono carezzevole e voce sensuale.
    Lui non se lo fece ripetere e affondò la faccia nel quotidiano che stava sulla mensola.

    Un’ora dopo, la chioma del grande pilota era totalmente avvolta in carta di alluminio. Sopra, una lampada emanava calore. La ragazza intanto, gli spalmava sul viso una crema verdognola e, sopra di essa, alcune fettine di cetriolo.
    Tetsuya posò finalmente il giornale, guardò verso l’ingresso e, con estremo stupore vide Shiro lì seduto che con calma leccava un grande cono gelato. Sulle ginocchia teneva un fumetto di certo nuovo. Si alzò dalla poltrona e corse verso il bambino.
    “Ehi, Shiro, ma che ci fai qui?”
    “Ti aspetto.”
    “Ma dov’è Jun? E perché sei venuto qui?” chiese con affanno, mentre alcune fette di cetriolo cadevano a terra.
    “E’ venuta a prendermi da scuola, poi mi ha detto che sarebbe tornata a casa con l’autobus perché aveva molta fretta. Ecco, queste sono le chiavi della macchina, è lì fuori.”
    Il giovane guardò Shiro, poi nel parcheggio; la macchina infatti c’era. Abbastanza perplesso e avvertendo un vago senso di mistero nell’aria, tornò al suo posto. Ormai doveva aver finito, accidenti! Gli occhi della mente gli riportarono alla memoria la strana espressione di Jun quando si era congedata. Era strana, sicura di sé e con un’ombra di ironia nello sguardo. Ma no, cosa andava a pensare! Era solo un’impressione!
    “Le dispiace accomodarsi al lavatesta?” la dolce voce della parrucchiera lo distrasse dai cupi pensieri.
    Con abili e veloci gesti, la lavorante gli tolse la stagnola e iniziò il lavaggio. Un forte sentore di acido si sparse nell’aria. Con una velina, gli tolse delicatamente l’impiastro dalla faccia.
    Shiro, da lontano, si divertiva a vedere un programma di cartoni animati dal televisore acceso.
    Finito lo shampoo e messa in posa la crema per una decina di minuti, finalmente Tetsuya passò al taglio e all’asciugatura.
    Alla fine di tutte quelle operazioni, lo specchio gli rimandò un’immagine di sé che mai aveva visto e lo fece inorridire.
    Sparite le grandi bassette ai lati del viso, i corti capelli erano un’esplosione di piccolissimi e fittissimi riccioli come lana di pecora. Il colore di base aveva sulle punte delle sfumature multicolori: blu, verdi, rosa, viola, gialle.
    “Ora è proprio all’ultima moda, che ne dice?” gli sorrise la ragazza porgendogli lo specchio perché si potesse ammirare da ogni angolazione.
    Si alzò di scatto dalla poltrona e iniziò a inveire: “Che ne dico? Io… io… io… dico che non avrà un soldo da me! Ma come mi ha conciato?” gridò.
    “Ha già pagato tutto Jun e l’acconciatura è quella più in voga al momento” disse lei col suo perenne sorriso sulle labbra. Mise la poltrona al suo posto, con abili e veloci gesti fece sparire gli strumenti che aveva usato e scomparve dalla sala come un fantasma.
    Il giovane era totalmente spiazzato. Guardò Shiro che giocava con le figurine e gli andò incontro.
    “Andiamo a casa” balbettò prendendolo per mano.
    Una volta saliti in macchina, il bambino gli disse: “Ti sei fatto la permanente e i colpi di luce.”
    “Cosa dici? Quale permanente? Colpi di che?” gridò fissandosi nello specchietto retrovisore, mentre si toccava le chiome disperato. “Adesso vado a lavarmi i capelli e sarò come prima.”
    “No, non sai nulla vedo” lo notiziò Shiro con calma serafica, mentre si allacciava la cintura di sicurezza.
    “La permanente ti rimane finchè i capelli non saranno ricresciuti e il colore fino al prossimo taglio.”
    Tetsuya lo guardò bene negli occhi: non stava scherzando, era la bocca della verità, purtroppo.
    “Adesso non farai più nessuna fatica a combattere i mostri di Micene; quando ti vedranno così, moriranno tutti di paura” aggiunse ridendo di cuore.
    La stessa cosa che gli aveva detto anche Jun qualche ora prima; ma in una diversa maniera.



    FINE
     
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