Trevor

Racconto Originale: rosso/ scene cruente. Yaoi (Licantropi)

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  1. Sakiko-Chan92
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    Angolo di presentazione: Piacere sono Sakiko, meglio conosciuta come Saki.
    Ho deciso di pubblicare anche io una mia storia che attualmente sto scrivendo e sul quale ci lavoricchio da un annetto.
    Diciamo che è la prima volta che mi cimento in tematica yaoi, sin'ora ho sempre e solo scritto di coppie het (es. Zoha, la villa Sognincanto e Yun), però credo di potercela fare >w<
    Ovviamente sono aiutata dalla mia beta reader che gentilmente mi tira i capelli quando sbaglio oppure che mi scuote dalla mia pigrizia ricordandomi che devo muovere il culo!
    Ho anche una ragazza che fa il tifo per me sin dall'inizio in cui ho esposto il primo capitolo, mi fa esaltare un sacco! :muahaha:

    Bando alle ciance, vi presento TREVOR è la storia di un mezzo-licantropo un po' sfigato (un classico) che viene perseguitato da un tiranno (classico anche questo) , Itan.
    Cosa porterà i due ad avvicinarsi? Ah, boh... non l'ho ancora finite XD
    Quindi l'unica cosa che potete fare è leggerlo e commentare dandomi la carica di andare avanti >w<

    Ah! Vi svelo un segretuccio -w-
    Essendo una persona di poche idee, sono una ragazza che quando ha dei suggerimenti belli e appagati li prende come suoi.
    In che senso? Beh, chiunque commenta giudica e da un parere, ecco, se trovo pareri che mi suscitano idee e che mi danno da pensare li prendo per buoni e li inserisco nella storia -w-

    Per farla breve è possibile che dentro nella storia troviate le vostre idee XD ovviamente riconosciute nella parte prima del capitolo <3 con ringraziamenti dovuti :ama:


    BUONA LETTURA!
    -Saki-

    A metà
    Capitolo 1



    Stava camminando ormai da una decina di minuti.
    Fuori l'aria era fredda e la nebbia stava scendendo fitta sulla città.
    Il suo corpo esile e piccolo lo faceva apparire estremamente debole e questo gli rendeva la vita difficile.
    Aveva sempre desiderato mostrare un carattere apatico, asociale, ma puntualmente questa determinazione gli veniva meno ogniqualvolta le sue giornate iniziavano con un arrivo traumatico a scuola e con l'incontro indesiderato di una persona che lui odiava.
    Itan.
    Quest'ultimo, assieme al suo clan, lo perseguitava come un ossesso. Lo scherniva, lo picchiava, si faceva beffe della sua debolezza e lo costringeva ad atti ridicoli di fronte ai suoi stessi compagni di classe.
    A scuola era umiliato e tutti, per paura di Itan, gli stavano alla larga.
    Chi mai si sarebbe messo contro il capo branco, rischiando di venir deriso o addirittura esiliato dalla città?
    Chi mai sarebbe stato così coraggioso da fare amicizia con un meticcio!?
    L'unico momento di pura gioia, nelle giornate di Trevor, era quello in cui passava la maggior parte delle ore nel bosco dietro la scuola, a più di seicento metri di distanza, dove vi era una grande apertura scavata nel terreno, abbastanza da ospitare il suo corpo rannicchiato
    Lì aveva trovato due anni prima una gatta bianca, abbandonata e ferita. Dopo averla curata e accudita, le si affezionò a tal punto da farla diventare sua, dandole addirittura un nome, Shira.
    Purtroppo, però, l'idea di portarla a casa fu scartata a priori.
    Difficilmente i licantropi hanno un animale domestico in casa, perché potrebbero fare una fine orribile nelle notti di luna piena. Nonostante ella non corresse alcun pericolo con lui, Trevor decise lo stesso di lasciarla all'aperto, sapendo benissimo cosa l'aspettava se fosse rimasta chiusa in quattro soffocanti mura.
    Per questo motivo, il ragazzo pensò bene di curare Shira nel bosco e di usare la piccola grotta come riparo per entrambi nei giorni di pioggia.
    Ogni volta pregava e sperava che quelli del clan non la trovassero, o che addirittura non lo seguissero, perché oltre a essere dietro l'edificio scolastico, il bosco era situato affianco alla villa di una delle più ricche famiglie della città, in bella vista agli occhi di Itan, con il quale non aveva mai avuto un buon rapporto.
    Shira era l'unico essere sulla terra che amava più della sua stessa vita. L'aveva curata, coccolata, con lei si era liberato, rivelando le più belle espressioni che nemmeno sua madre aveva mai visto.
    Con lei si sentiva se stesso.
    Un gatto non poteva parlare o giudicare, ragion per cui si trovava davvero bene.
    Quella sera la nebbia sembrava essere a suo favore, così Trevor approfittò di quell'occasione per prendere Shira e portarsela a casa.
    L'arrivo della luna piena era decretato per mercoledì, quindi la bestiola poteva godersi il caldo per ben tre sere, dopo di che doveva riportarla di nascosto alla grotta.
    Tanto non aveva fratelli e per una volta poteva tenersela stretta, al sicuro.
    Mentre percorreva la stradina fra la scuola e la villa Grigia, così era chiamata la casa di Itan, fece scorrere lo sguardo sulla finestra della camera di quest'ultimo, trovando la luce accesa e le tende tirate.
    Pareva che il ragazzo avesse da poco scrutato l'orizzonte, per cui il rischio di essere visti era diminuito.
    Trevor si abbandonò ad un sospiro di sollievo, tornando a guardare davanti a sé e percorrendo la via con passo svelto, ignaro della figura seduta sopra il tetto della villa, concentrata a fissarlo.
    Il bosco di notte faceva davvero paura e, per sua sfortuna, era un mezzo licantropo, il che gli rendeva difficile vedere al buio. Come suo solito benedì l'inventore delle torce tascabili.
    Ne prese una dalla tasca davanti dello zainetto e la accese, illuminando il cammino che lo avrebbe condotto alla grotta.
    Dopo una decina di minuti, finalmente arrivò a destinazione e subito fece vagare il cono di luce sul suolo, alla ricerca della creaturina.
    La chiamò più e più volte, ma Shira non arrivò.
    Camminò intorno alla zona, continuando a chiamarla, finché un miagolio debole e sottile attirò la sua attenzione su un albero di fianco alla grotta.
    Fece in tempo a vedere qualcosa di grosso e scuro piombargli addosso, poi il nulla.
    Trevor cadde svenuto, fra la terra e gli aghi di pino.
    L'ultima cosa che sentì, oltre al dolore lancinante al cranio, fu il miagolio familiare di Shira, vicino al suo orecchio.

    Un fitta alla testa lo svegliò dal suo strano sonno.
    Aprì lentamente gli occhi, cercando di adattarli al buio intorno a lui e mettendo a fuoco il luogo in cui si trovava.
    Il profumo di incenso e il tepore gli fecero intuire che non si trovava più nel bosco da un pezzo.

    Quando finalmente gli occhi si adattarono a tutta quella oscurità, intravide la sagoma di un alto armadio e i contorni brillanti di un lampadario.
    Mosse le mani su qualcosa di morbido, e si scoprì in un letto, con un buonissimo profumo di lavanda proveniente dalle lenzuola.
    Cercò di alzarsi, facendo un'immensa fatica per il dolore alla testa, così si mise semplicemente sui gomiti continuando a scrutarsi intorno.
    Il buio inghiottiva la stanza, fatta eccezione per quei fiochi raggi di luna che trapassavano le tende, andando a colpire il contorno di ciò che stava vicino alla finestra.
    Tra quest'ultima e il letto dove era disteso, riuscì a scorgere una figura sulla sua sinistra, e quando la riconobbe gli si fermò il cuore per un istante.
    Itan era appoggiato tranquillamente contro il muro, con il volto girato verso la finestra, intento a fissare un punto impreciso oltre il bosco.
    Si voltò di scatto, come se fosse stato chiamato da quello sguardo, e posò gli occhi glaciali su quelli di Trevor.
    Il corpo del ragazzino di mosse da solo, come minacciato da quella presenza forte e opprimente.
    Inciampando fra le lenzuola cercò di raggiungere la porta in poco tempo, ma il movimento brusco gli fece girare forte la testa, tanto da farlo barcollare intontito.
    L'altro gli fu subito addosso, prendendolo in tempo prima che riuscisse a rovinare a terra. Con poca delicatezza se lo caricò in spalla e lo riportò sul letto, sbattendolo sopra come fosse un sacco di patate.
    Con il respiro affannato e la mente confusa, Trevor tentò di allontanarsi da Itan, che si ergeva di fronte a lui, ma con scarso risultato, perché questi lo agguantò per una caviglia e lo riportò vicino.
    «Guarda, guarda chi c'è qui. Dimmi Trevor, cosa ci facevi nel bosco a quest'ora, armato di torcia e di zainetto? Volevi scappare? Oppure pensavi di andare a vivere nella grotta che c'è più avanti?»
    Non riusciva a rispondere. Quelle parole lo scossero come se delle forti braccia lo stessero scrollando.
    Subito la sua preoccupazione andò a Shira.
    Di scatto si guardò attorno, ignorando la presenza di Itan e la presa ferrea sulla sua caviglia, cercando con disperazione la sagoma della piccola creaturina.
    «Se stai cercando la gatta, si trova di sotto, in salotto.»
    Ritornò lentamente a fissare Itan, il terrore che andava via via scomparendo e il corpo che si rilassava dalla rigidità.
    Emise un lento sospiro di sollievo, richiamando la curiosità del ragazzo, che ancora lo teneva stretto.
    «Non pensavo avessi dei sentimenti. È la prima volta che ti vedo così agitato. Interessante!».
    Il ghigno che comparve subito dopo sul viso dell'altro, gli suscitò nuova preoccupazione, stavolta per se stesso.
    «Che cosa vuoi Itan?!» Cercò di mantenere un tono fermo e sicuro, ma le parole gli uscirono quasi tremanti, tradendo così la sua recita.
    «Cos'è, adesso ti permetti anche di usare quel tono superiore con me?»
    Con uno scatto quasi impercettibile della mano, Itan afferrò saldamente i capelli del ragazzino, portandoselo vicino al viso, costringendolo in una posizione scomoda e dolorosa.
    Trevor gemette dal dolore alla testa, sia per la botta che ancora lo rendeva intontito, sia per il dolore dei capelli tirati da quella mano forte e grande.
    Sentiva sul suo viso il respiro furioso dell'altro e da quella distanza poteva percepire le intenzioni malvagie provenienti dalla mente del ragazzo.
    Dopo pochi secondi, Itan parlò, usando un tono tranquillo, ma che sapeva incutere paura.
    «Lo sai cosa mi fa incazzare dei tipi come te? Il loro modo di fare distaccato e disinteressato, come se solo voi sapeste cosa sia giusto o no nella vita.
    Per non parlare del fatto che sei uno schifoso meticcio!».
    Ancora parole di rabbia. L'ennesimo insulto sulla sua natura.
    Trevor non capiva, non comprendeva il reale odio nei suoi confronti da parte di Itan, con il quale non aveva mai avuto modo di dialogare, men che meno un contatto diretto.
    Sapeva bene di possedere nelle sue vene anche sangue umano, ma che colpa ne aveva lui?
    Che colpa ne aveva, se era nato così? Che colpa ne aveva, se possedeva quel carattere all'apparenza freddo, ma in realtà fragile? Che cosa poteva fare per far capire a tutti che in realtà quello che aveva sempre ricercato nelle sue fantasie, ciò di cui realmente aveva bisogno, era del semplice affetto?
    Attenzioni, anche minime, solo per sentirsi vivo, accettato, nonostante la natura gli avesse donato un corpo a metà.
    Itan strinse le dita attorno ai capelli del ragazzino, provocando un altro gemito di dolore, e avvicinando sempre di più il viso verso quello dell'altro.
    Quando si trovò a un soffio dalle sue labbra rosse e tremanti, gliele sfiorò, facendolo tremare sempre di più e agitare sotto di lui.
    La cosa lo stava divertendo, lo stava quasi... Eccitando.
    Sentire quel piccolo corpo fra le sue mani tremare lo soddisfaceva a tal punto da pensare di prolungare la cosa ancora un po', curioso di vedere le reazioni del ragazzino.
    «Cosa c'è, lupacchiotto sfigato? Hai paura?».
    «La-sciami! Mi fai male! Non ti ho fatto niente!»
    A quelle parole, Itan rise di gusto. Una risata spaventosa, diabolica, che fece rabbrividire il ragazzino.
    «E' vero...Tu non mi hai fatto niente, a parte nascere! Sei la disgrazia della città! Sei la disgrazia della nostra intera razza!»
    Abbassò la mano aggrappata ai capelli di Trevor, facendolo gemere per l'ennesima volta di dolore e portò la bocca contro il suo incavo.
    Ispirò profondamente.
    «Hai un buon odore...puttanella.»
    Aprì la bocca, mostrando due canini più lunghi del normale, e morse con pochi riguardi quella pelle chiara e liscia, vicino all'enorme vena che pompava vita.
    Trevor urlò di dolore, cercando disperatamente di spingere via l'altro con le mani.
    Era troppo forte, non poteva nulla contro di lui.
    Itan si staccò dopo pochi secondi, le labbra sporche del sangue scuro che usciva dai due fori sul collo del ragazzino.
    Gli occhi illuminati da una strana luce di pazzia e un ghigno divertito stampato in volto.
    Si leccò lentamente le labbra, assottigliando le palpebre.
    «...E anche un buon sapore. Mi chiedo...Quali altre espressioni hai oltre a questa di puro terrore? Toccherà scoprirlo, non trovi?»
    La mano di Itan gli tirava talmente tanto i capelli, da fargli sentire dolore in ogni singolo punto della testa e del collo, incurvato in una posa innaturale.
    Ormai era spacciato, lo sapeva. Non gli restava che sottostare alle angherie dell'altro, ancora una volta, e soffrire per qualsiasi tortura avesse in serbo per lui quella notte.
    Improvvisamente, la porta della camera si spalancò e nella stanza fece irruzione la figura alta e sinuosa di una ragazza, che rimase immobile e indifferente alla scena di fronte a lei.
    In braccio teneva Shira, che alla vista di Trevor si agitò per tornare dal suo padrone.
    Quando riuscì a sfuggire dalla presa dell'altra con un balzo ben calcolato e silenzioso, atterrò sul letto con tutte e quattro le zampe, per poi avvicinarsi al ragazzino e iniziare a fargli le fusa sulla gamba piegata sotto di lui.
    Le attenzioni di Trevor però non si mossero affatto. Rimase vigile e attento ai movimenti di Itan, che lo teneva fermo in una posizione dalla quale riusciva solo a muovere gli occhi e la bocca.
    «Itan, ha chiamato Brait. Dice che hanno trovato una possibile spia del branco di Jeick...
    Smettila di dar fastidio ai cuccioli e porta subito il tuo culo fuori da questa stanza! Dobbiamo agire.»
    Trevor rimase stupito dal coraggio e dalla determinazione di quella ragazza. Nessuno si era mai rivolto a Itan con quel tono autoritario.
    «Perché ti comporti sempre così!» chiese esasperata.
    «Non sono affari tuoi! Sparisci, Grisal!» Il tono di Itan era leggermente cambiato, diventando più freddo e lapidario.
    Grisal rimase ferma al suo posto, senza battere ciglio, incrociando semplicemente le braccia al petto.
    «Se non ti decidi a scendere da quel cazzo di letto, giuro che ti sparo su per il culo una dozzina di pallottole argentate. MUOVITI!»
    I due ragazzi si stavano scambiando sguardi furenti, orgogliosi, senza un briciolo di esitazione.
    Alla fine il primo che abbassò la testa fu Itan, che sbuffò e lasciò la presa dei capelli del ragazzino.
    Trevor sfruttò l'occasione per allontanarsi sino alla testiera del letto ed osservare i due.
    Grisal stava ghignando soddisfatta.
    «Sapevo che non mi avresti contraddetta, sei troppo debole.»
    A questa affermazione, Itan alzò di scatto la testa, rivolgendo a Grisal un'espressione di pura ira e un ringhio sommesso ma spaventoso. Poi scivolò dal letto sino a raggiungere in poche falcate rumorose la porta, ma all'ultimo si fermò, voltandosi minaccioso verso il ragazzino, che sussultò.
    «Al mio ritorno ti voglio qui! Siamo intesi?»
    Senza neanche aspettare la risposta, Itan uscì dalla stanza, precedendo così la ragazza.
    La porta venne sbattuta con violenza e dopo qualche secondo, si sentirono dal piano di sotto le voci sommesse di alcuni giovani che parlavano animatamente con Itan.
    Trevor si voltò subito, strisciando lentamente sino alla finestra, aspettandosi una qualche visita improvvisa dell'altro che lo avrebbe di sicuro inchiodato a quel letto.
    Quando sentì sbattere anche la porta di casa, un sospiro di sollievo lo accompagnò nel gesto di accostare la tenda, rivelando un panorama stupendo, mentre l'altra andava a coprire la ferita appena infertagli.
    La luna quasi piena si stagliava sopra il bosco, mentre una miriade di piccole lucine bianche la circondavano creando un quadro quasi fatato.
    A distrarlo da quell'attimo di smarrimento, fu il miagolio delicato di Shira, che un balzo silenzioso andò a sedersi sul bordo di legno della finestra, richiamando così la sua attenzione e facendolo rinsavire.
    Doveva assolutamente approfittare della situazione.
    Doveva assolutamente tornarsene a casa ed evitare Itan per qualche giorno.
    Dalla tasca dei suoi jeans recuperò un fazzoletto di stoffa pulito e se lo mise attorno al collo, legandolo stretto, in modo da fermare un poco la fuoriuscita di sangue dai piccoli fori.
    Raccolse quanti più coraggio aveva in corpo e si issò sul davanzale della finestra, richiamò la gatta con uno schiocco della lingua e la prese in braccio.
    Si scrutò intorno, alla ricerca di appigli utili e resistenti, quando notò il canale di scolo della grondaia a pochi centimetri da lui.
    A fatica e con molta lentezza, cercò di mettere Shira sulla sua spalla destra, ma la piccola continuava a muoversi agitata e così si vide costretto a tornare indietro.
    Improvvisamente un'idea lo illuminò. Ispezionando la stanza con gli occhi riuscì a scorgere la figura scomposta del suo zaino, gettato a mezzo metro dal letto. Lo recuperò e vi infilò dentro la gatta, chiudendolo solo in parte per darle modo di respirare.
    Se lo mise in spalla e di nuovo si avvicinò alla finestra pronto a scalare il canale.
    Dopo alcuni faticosi e interminabili minuti, toccò terra con le gambe ancora un po' tremanti e dopo aver contemplato qualche secondo ancora l'altezza che lo separava dalla finestra, si incamminò verso casa il più svelto possibile.


    Edited by Sakiko-Chan92 - 18/6/2015, 13:03
     
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    Wau figa.. Ma anche Itan é un licantropo?! Oppure é altro?!
    Ora pero abbiamo bisogno di sapere cosa accade quando Itan ritorna.. E già prevedo le scintille.. Quindi aspetto di leggere il secondo capitolo il prima possibile ^^
     
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    :ue: Ti prego continua il racconto sto aspettando da un anno :desolato:
     
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